OSKAR PANIZZA - Una storia della luna

OSKAR PANIZZA

UNA STORIA DELLA LUNA

(Traduzione di Andrea Chersi)

2003
pagg. 129

Storia della Luna
Uno dei migliori racconti dell'eretico pittore di icone, scorpione nel calice, che chiude la parabola romantica dell'Ottocento. Dopo di lui non ci riconosceremo più, guardandoci allo specchio.

Questo che presentiamo è uno dei suoi racconti più riusciti, apertamente dedicato a Poe, ispiratore più dichiarato che seguito intimamente.
Al tempo della sua pubblicazione (1890) venne molto apprezzato dai suoi contemporanei e ciò si può spiegare con l’adesione ad una tematica e ad una temperie di piena decadenza.
Nel racconto, il fortuito piomba improvviso e innesca una situazione di perdita, di sfilacciamento e di arretramento della identità, che vede invalidati i riferimenti abituali.
Il nostro protagonista, lo studentello, vaga in un ambiente che d’improvviso gli si presenta ignoto, senza le insegne della sua classe. Ma anche l’altro personaggio, l’uomo lunare, svanisce nella sua identità quando perde il contatto con la sua sfera familiare. Tutto allora è rimandato alla memoria, che vorrebbe ricostituire i nessi logici per arrivare all’area dell’Io, ma è troppo tardi: si giunge d’un tratto alla fine dell’esperienza, senza avere vissuto né visto: non ci si riconosce più allo specchio.

L’autore riprende stilemi naturalistici, per frammentarli e disorientare il lettore, cui si rivolge direttamente, spezzando la tensione, anticipando la sorpresa.
Per Walter Benjamin, Panizza chiude la parabola romantica dell’Ottocento.

Nato nel 1853 nell’allora Regno di Baviera, Oskar Panizza (di lontane origini italiane) ebbe vita disordinata e segnata dall’impronta materna.
Laureatosi con lode in medicina, lavorò come psichiatra, ma i suoi interessi rimasero sempre letterari. Si lanciò (e con quale stile!) contro la tirannia del potere imperiale, ma attaccò anche con furore la Chiesa, allora onnipotente.
Seguì la linea della riforma tedesca continuando la tradizione di Lutero, Cranach e Dürer dei libelli contro il papato così come dei fogli pubblicati nel Seicento sulla comparsa della sifilide in Eurodurante il papato dei Borgia.
Poeta, scrittore acre e satirico, nel 1895 venne condannato dal Tribunale reale di Monaco a un anno di prigione per “oltraggio alla religione” a seguito della pubblicazione del Concilio d’amore, il suo scandaloso capolavoro.

Dopo il carcere, emigrò prima in Svizzera, poi a Parigi, continuando la sua attività letteraria iconoclasta e anarchica.
Col sequestro del suo ingente patrimonio fu ridotto alla fame e rientrò a Monaco nel 1901, dove venne imprigionato con l’accusa di “lesa maestà”.
Ritornò quindi a Parigi dove restò fino al 1904, quando l’aggravarsi dei suoi disturbi psichici lo fecero decidere a consegnarsi nuovamente alla polizia bavarese che si affrettò ad internarlo in ospedale psichiatrico fino alla sua morte, avvenuta nel 1921.
Lasciò una corposa produzione, quasi completamente inedita.