IL SERMONE DELLA CORTIGIANA

IL SERMONE DELLA CORTIGIANA

la cortigiana

(Il manoscritto che mi è stato recapitato è incompleto, mancando le prime tre pagine; dovevano di certo contenere una invocazione al Dio-Capitale, il protettore di quelli che vengono disprezzati. La regola che mi sono imposto di essere un semplice copista, mi vieta qualsiasi tentativo di ricostruzione.
Delle note a margine lasciano supporre che l'estensore del sermone, il legato del papa, abbia assunto come collaboratori il principe di Galles, due ricchi industriali noti al mondo intero per le loro sete e le loro stoffe, Bonnet e Pouyer-Quertier, e una famosa cortigiana, che ha ospitato nel suo letto aristocratici cosmopoliti, Cora Pearl ). P.L.

Gli uomini che vagano nelle tenebre della vita, guidati dal chiarore vacillante della gracile ragione, scherniscono e insultano la cortigiana; la inchiodano ignominiosamente alla gogna della loro morale; la umiliano colle loro virtù di facciata, aizzano contro di lei la collera l'indignazione; lei è la schiava del male e la regina della scelleratezza, la macina del frantoio dell'abbrutimento, lei corrompe la gioventù in fiore e insudicia i capelli bianchi della vecchiaia, toglie lo sposo alla sposa, succhia con le sue labbra alterate e insaziabili l'onore e la fortuna delle famiglie.

Oh, sorelle mie! La brutale rabbia e la bassa invidia sporcano di fiele amaro
e fangoso la nobile immagine della cortigiana e tuttavia, ormai diciannove secoli fa, l'ultimo dei falsi Dei, Gesù di Nazareth, rialzava, dall'obbrobrio degli uomini, Maria Maddalena e la faceva sedere in mezzo ai santi e ai beati, nello splendore del suo paradiso.

Prima dell'avvento del Vero Dio, prima dell'avvento del Capitale, le religioni che si sono disputate la terra e gli Dei che si sono succeduti nella testa dell'uomo, comandavano di rinchiudere la sposa nel gineceo e di non permettere che all'etera di mordere i frutti dell'albero della scienza e della libertà. La grande dea di Babilonia, Mylitta-Anaitis, "l'abile incantatrice, la seducente prostituta", ordinava al suo popolo di fedeli di onorarla con la prostituzione. Quando Budda, l'Uomo-Dio, arrivava a Vesali, andava ad abitare nella casa della padrona delle prostitute sacre, dinanzi alla quale facevano la fila i preti e i magistrati coi loro abiti da cerimonia. Geova, il Dio funesto, ospitava nel suo tempio le cortigiane. (4)

Illuminati dalla fede, gli uomini delle società primitive divinizzavano la cortigiana; ella simboleggiava la forza dell'eterna natura che crea e che distrugge.

I padri della Chiesa cattolica, che per secoli ha divertito con le sue leggende l'umanità bambina, cercavano l'ispirazione divina nella compagnia delle prostitute. Quando il papa riuniva in concilio i suoi preti e i suoi vescovi per discutere un dogma della fede, guidate dal dito di Dio, le cortigiane di tutta la cristianità accorrevano; esse nascondevano sotto le loro sottane lo Spirito Santo; esse illuminavano l'intelletto dei Dottori. Il Dio dei cristiani armò del potere di fare e disfare i papi infallibili, Teodora, la meretrice imperiale.

Il Capitale, nostro Signore, assegna alla cortigiana un posto ancor più elevato: non è più a dei papi dalla testa ciondolante che essa comanda, ma a migliaia di operai giovani e vigorosi, maestri di ogni arte e mestiere: essi tessono, ricamano, cuciono, lavorano il legno, il ferro e i metalli preziosi, tagliano i diamanti, raccolgono dal fondo dei mari il corallo e le perle, producono in pieno inverno i fiori della primavera e i frutti dell'autunno, costruiscono i palazzi, decorano le mura, dipingono le tele, scolpiscono il marmo, scrivono drammi e romanzi, compongono opere, cantano, suonano e danzano per occupare il suo tempo libero e i suoi capricci. Giammai Semiramide, giammai Cleopatra, giammai queste regine potenti ebbero al loro servizio uno stuolo tanto numeroso di lavoratori, abili in ogni mestiere, esperti in ogni arte.

La cortigiana è l'ornamento della civiltà capitalista. Se mai ella dovesse cessare di ornare la società, allora quel po' di gioia che rimane ancora a questo mondo annoiato e triste, svanirebbe; i gioielli, le pietre preziose, le stoffe imperlate e ricamate diventano inutili come balocchi; il lusso e le arti, questi figli dell'amore e della bellezza, sono insipidi; la metà del lavoro umano perde valore. Ma finché si comprerà e si venderà, finché il Capitale rimarrà il padrone delle coscienze e il rimuneratore dei vizi e delle virtù, la merce d'amore sarà la più preziosa e gli eletti del Capitale bagneranno il loro cuore nella coppa glaciale delle labbra dipinte della cortigiana.

Se la ragione non avesse rincretinito l'uomo, se la fede avesse aperto le porte del suo giudizio, egli avrebbe capito che la cortigiana, in cui essi vedono la lussuria dei ricchi e dei potenti, è uno dei motori del Dio capitale per muovere i popoli e trasformare le società.

Nei tempi bui del medioevo, quando il Capitale, nostro Signre, a somiglianza del bimbo che palpita sordamente nel seno della donna, si elaborava misterisamente nella profondità delle cose economiche, quando neppure una bocca profetizzava la sua nascita, quando l'animo umano ignorante dell'avvento di un Dio, non sussultava di allegria, allora tuttavia il Capitale cominciava a dirigere le azioni degli uomini. Soffiava nello spirito dei cristiani d'Europa il selvaggio furore che li precipitava sulle strade d'Asia in bande più fitte dei battaglioni di formiche. A quei tempi, i capi degli uomini erano i rozzi signori feudali, che vivevano nelle corazze come le tartarughe nel loro carapace, cibandosi di carni pesanti e di bevande dense, non apprezzando altro piacere che i colpi di lancia, non conoscendo altro lusso che una spada ben temprata. Per smuovere quei bruti, il nostro Dio dovette abbassarsi al livello della loro intelligenza più pesante del piombo: suggerì loro le crociate, di correre in Palestina a liberare le pietre di un sepolcro che non è mai esistito. Dio voleva portarli ai piedi delle cortigiane d'oriente, estenuarli col lusso e il godimento, inculcare nel loro cuore la passione divina, l'amore dell'oro. Quando ritornarono nelle loro tetre magioni, dove ululavano i gufi, i sensi ancora turbati dall'oro e dalla porpora delle feste, dai profumi d'Arabia e dalle molli carezze delle cortigiane depilate, provarono disgusto per le loro femmine goffe e villose, che filavano e figliavano e non sapevano altro: si vergognarono della loro barbarie e come una giovane madre prepara la culla per il bimbo che nascerà, essi costruirono le città del Mediterraneo, crearono le corti ducali e reali dell'Europa, per l'avvento del Dio-Capitale.

In verità vi dico, la cortigiana è più cara al nostro Dio che al finanziere il denaro dell'azionista; è la sua figlia amatissima, quella che tra tutte le donne ubbidisce più docilmente al suo volere.
La cortigiana ha a che fare con ciò che non si può pesare né misurare, con la cosa immateriale che sfugge alle sacre leggi dello scambio: vende l'amore, come il droghiere smercia sapone e candele, come il poeta spaccia l'ideale. Ma vendendo l'amore, la cortigiana si vende; ella dà al sesso della donna un valore, il suo sesso partecipa quindi delle qualità del nostro Dio, diventa una parte di Dio,è Capitale. La cortigiana incarna Dio.

Voi siete più ingenui dei vitelli che pascolano nei prati, oh poeti, oh drammaturghi, oh romanzieri, voi che ingiuriate la cortigiana perché ella non concede l'uso del suo corpo che contro denaro sonante, voi che la trascinate nel fango perché vende ad un prezzo elevato le sue tenerezze. Volete dunque che ella profani la parte divina che è il suo corpo, che lo renda più vile dei ciottoli di strada? Voi, moralisti, che siete porcili per ingrassare i vizi, voi le rimproverate di preferire l'oro zecchino al cuore bruciante d'amore. Filosofi ottusi, voi prendete dunque la cortigiana per uno sparviero che si rimpinza di carne palpitante? Voi tutti che siete soffocati dall'avarizia, credete dunque che la cortigiana sia meno desiderabile perché la si acquista? Non acquistate forse il pane che sostiene il corpo, il vino che rallegra il cuore? Non si acquista forse la coscienza del deputato, le preghiere del prete, il coraggio del soldato, la scienza dell'ingegnere, l'onestà del cassiere?

Dio-Capitale maledice le prostitute, pazze del loro corpo, che si vendono per qualche franco, qualche soldo ai lavoratori e ai soldati; più temibile della peste, martirizza i bruti del piacere dei poveri, avvelena la carne delle civette di Venere, le consegna agli Alfonsi di strada che le picchiano e le derubano; le sottopone all'ispezione della polizia, come la carne guasta del mercato.

Ma la cortigiana che possiede la grazia efficace del Dio-Capitale si tappa le orecchie alle vostre morali e ridicole declamazioni più vane delle grida delle oche spennate: ella avvolge la sua anima con un gelo polare che il fuoco di nessuna passione d'amore riesce a sciogliere; e maledetta, tre volte maledetta la Dama dalle Camelie, che si dà e non si vende; Dio abbandona la cortigiana innamorata che muore dal piacere; se il suo cuore spasima e se i suoi sensi parlano, il compratore d'amore che succede all'amante del cuore, indispettito e deluso, invece di una mercanzia fresca non trova che un corpo stantìo e esausto.

La cortigiana si corazza di affascinante freddezza, affinché sul suo corpo di porcellana, dove la passione non trova spazio, i suoi clienti usino le loro labbra brucianti senza alterarne la freschezza: è dalla fermentazione del loro sangue che devono prendere l'ebbrezza d'amore, e non dalla febbre delle sue carezze e dal calore dei suoi abbracci; perché bisogna che, mentre il cliente mangia di baci il suo corpo comperato, la sua anima libera pensi al denaro che le è dovuto.

La cortigiana deruba quelli che la comprano; li obbliga a pagare a peso d'oro il piacere d'amore che loro si portano dentro. E siccome, quando vende l'amore, la merce venduta non esiste, il nostro Dio-Capitale, per il quale il furto e la falsificazione sono le prime tra le virtù teologali, benedice la cortigiana.

Donne che mi ascoltate, vi ho rivelato il mistero dell'enigmatica freddezza della cortigiana, della cortigiana marmorea, che invita l'intera classe degli eletti del Capitale al banchetto del suo corpo e gli dice: "Prendete, mangiate e bevete, questa è la mia carne e questo è il mio sangue."

La sposa fedele e la brava donna di casa che la gente di società onora a parole ma che si affretta a evitare e a lasciare raffreddarsi al focolare coniugale, isola l'uomo dai suoi simili, produce e sviluppa nel suo seno la gelosia, questa passione antisociale, che avvelena di bile il sangue e l'imprigiona dentro di sé; ella lo rinchiude nell'egoismo famigliare. La cortigiana, invece, libera l'uomo dal giogo della famiglia e delle passioni.

Il denaro crea delle distanze tra gli uomini, la cortigiana le accorcia, li unisce. Nel suo salottino, coloro che sono divisi dall'interesse fraternizzano e un patto segreto, indefinibile, ma profondo, irrevocabile, li lega; essi hanno mangiato e bevuto della stessa cortigiana; si sono comunicati sullo stesso altare.

L'amore, la passione selvaggia e brutale, che sconvolge il cervello, che spinge l'uomo all'oblìo e al sacrificio dei suoi interessi, la cortigiana lo sostituisce con la facile, la borghese, la comoda galanteria venale, che scintilla come l'acqua di seltz e non ubriaca.

La cortigiana è il presente del Dio-Capitale, ella inizia i suoi eletti alle sapienti raffinatezze del lusso e della lussuria, lei li consola delle loro legittime mogli, noiose come le lunghe piogge autunnali. Quando la vecchiaia
arriva anche per loro, rugandole e raggrinzendole, spegne la fiamma degli occhi, toglie l'elasticità delle membra e la dolcezza del respiro e le rende oggetto di disgusto per le donne, la cortigiana allevia le tristezze dell'età; sul suo corpo freddo che nulla rifiuta, essi trovano ancora il fuggitivo piacere che il loro oro acquista.

Più efficace dei fermenti che fanno bollire il vino nuovo, la cortigiana imprime alle ricchezze un vertiginoso movimento rotatorio; getta nel folle valzer dei milioni, le fortune più solide; nelle sue mani incuranti, le miniere, le fabbriche, le banche, le rendite dello Stato, i vigneti e i campi di grano si dissolvono, colano tra le dita e si riversano nei mille canali del commercio e dell'industria. Il verminaio che va all'assalto delle carogne non è più fitto del nugolo di domestici, di bottegai, di usurai che l'assediano; tengono aperte le loro insondabili tasche per raccogliere la pioggia d'oro che cade quando ella solleva la sottana. Modello di abnegazione, rovina i suoi amanti per arricchire i domestici e i fornitori che la derubano.
Gli artisti e gli industriali si addormenterebbero nella grassa mediocrità, se la cortigiana non li costringesse a surriscaldare i loro cervelli per scoprire nuovi godimenti e inedite futilità; perché, assetata di ideale, ella non possiede un oggetto che per stancarsene; non prova un piacere che per saziarsene.

La macchina che abbrevia il lavoro condannerebbe le operaie e gli operai all'ozio, la madre dei vizi; ma elevando lo spreco alla dignità di una funzione sociale, la cortigiana aumenta il suo lusso e le sue esigenze a misura che la meccanica industriale progredisce, affinché ci sia sempre per i dannati del proletariato del lavoro, fonte di virtù.

La cortigiana che divora fortune, che sciupa e che distrugge come un esercito in marcia, i signori della fabbrica e dell'officina l'adorano; lei è il genio tutelare che sostenta la vita e il vigore del commercio e dell'industria.

La morale della religione del Capitale più pura e più elevata di quelle delle false religioni del passato, non proclama l'uguaglianza umana: la minoranza, l'infima minoranza soltanto è chiamata a dividersi i favori del Capitale. Il Fallo, come nei tempi primitivi, non rende più gli uomini uguali. La cortigiana non deve essere sporcata dai baci degli zotici e dei tangheri; perché Dio-Capitale serba per i suoi eletti le cose preziose e delicate della natura e dell'arte.

La cortigiana, che Dio conserva per la gioia dei ricchi e dei potenti, se è condannata a sollevare il velo delle ipocrisie sociali, a toccare il fondo delle
turpitudini umane tanto basse da levare il cuore, vive nel lusso e lo benedice; nobili e borghesi rispettabilli e rispettati, sollecitano l'onore di trasformare la Signora Tutti Quanti in Signora Qualcuno; e le càpita di chiudere la serie delle sue folli nozze con delle nozze ragionevoli. Ai suoi bei tempi, i capitalisti depongono ai suoi piedi il loro cuore che ella disdegna e i loro tesori che ella dissipa; gli artisti e i letterati ronzano attorno a lei, adulandola con omaggi servili e interessati. Verso la fine dei suoi anni, esausta e ingrassata, chiude bottega e apre casa e gli uomini seri e le donne puritane la circondano con la loro amicizia e colle loro attenzioni costanti, per onorare la fortuna che ricompensa il suo lavoro sessuale.

Dio colma la cortigiana delle sue grazie: a colei che l'imprevidente natura non ha dotato di bellezza e di spirito, dona raffinatezza, fascino, attrattiva, gusto che seducono e attirano l'animo distinto dei privilegiati del Capitale.

Dio la mette al riparo delle debolezze del suo sesso. La natura matrigna condanna la donna alla dura fatica della riproduzione della specie; ma i lancinanti dolori che tormentano il seno delle madri non vengono inflitti che all'amante, alla sposa. Dio, nella sua bontà, risparmia alla cortigiana le macchie e le deformazioni della gravidanza e la fatica del parto: le dona la sterilità, questa grazia tanto invidiata. E' l'amante, la sposa che devono implorare la vergine Maria e rivolgerle la fervida preghiera della donna adultera: "O vergine santa, che avete concepito senza peccato, fate che io pecchi senza concepire." La cortigiana appartiene al terzo sesso; lascia alla donna volgare lo sporco e penoso compito di partorire l'umanità. (5)

Il caso recluta le cortigiane tra le classi inferiori della società. Non è forse una vergogna e un dolore vedere quelle che occupano un rango tanto elevato nel mondo, provenire dal fango?

Donne che mi ascoltate, voi appartenete alle classi superiori, ricordatevi che la vecchia nobiltà rimproverava a Luigi XV di prendere le sue concubine dal fango; rivendicate come uno dei vostri più preziosi privilegi il diritto e l'onore di fornire le cortigiane degli eletti del Capitale. Già molte tra di voi, disprezzando i tristi doveri della sposa, si vendono come le cortigiane; ma queste fan commercio del loro sesso in modo timido, ipocrita. Imitate l'esempio delle oneste matrone dell'antica Roma che si facevano iscrivere tra gli edili per esercitare il mestiere di prostitute; scrollatevi di dosso, gettate via e calpestate coi piedi i pregiudizi idioti e fuori moda che sono propri delle schiave. Il Dio-Capitale apporta al mondo una morale nuova; esso proclama il dogma della Libertà umana: sappiate che non si ottiene la libertà che conquistando il diritto di vendersi. Liberatevi dalla schiavitù coniugale, vendendovi.

Nella società capitalista, non esiste lavoro più onesto di quello della cortigiana. Ecco, guardate il lavoro dell'operaio e contemplate poi quello della cortigiana. Alla fine della sua lunga e monotona giornata, l'operaia disprezzata, pallida e sfinita, non tiene nella sua mano smagrita che il modico salario che le impedisce di morire di fame. La cortigiana, allegra come un giovane dio, si alza dal suo letto o dal suo divano e, scuotendo la sua capigliatura profumata, conta noncurante i luigi d'oro e le banconote. Il suo lavoro non lascia sul suo corpo né fatica né sporcizia; si sciacqua la bocca e si asciuga le labbra e dice sorridendo: avanti un altro!

Filosofi rimuginanti, che senza posa masticate e rimasticate i precetti sorpassati dell'antica morale, diteci orsù quale opera è più gradita al nostro Dio-Capitale: quella dell'operaia o quella della cortigiana?

Il Capitale assegna il valore di una merce col prezzo al quale egli permette che sia venduta. Sù, moralisti bigotti, trovate dunque nell'innumerevole serie delle occupazioni umane, un lavoro manuale o intellettuale, che riceva un salario tanto rimuneratore quanto quello del sesso. La scienza del dotto, il coraggio del soldato, il genio dello scrittore, l'abilità dell'operaio, sono mai stati pagati tanto quanto i baci di Cora Pearl?

Il lavoro della cortigiana è il lavoro sacro, quello che Dio-Capitale ricompensa più di ogni altro.

Mie carissime sorelle, ascoltatemi, ascoltatemi, Dio parla con la mia bocca:

Se voi siete tanto abbandonate da Dio da non aborrire il lavoro disperante dell'operaia che deforma il corpo e che uccide l'intelletto, non prostituitevi;

Se ambìte alla vita vegetativa della donna di casa, rinchiusa nella famiglia e condannata alla sordida economia, non prostituitevi;

Se volete vivere in solitudine nel focolare domestico, abbandonate dallo sposo, che si mangia la vostra dote con la cortigiana, non vi prostituite;

Ma se tenete in conto la vostra libertà, la vostra dignità, la vostra gloria e la vostra felicità sulla terra, prostituitevi;

Se avete troppa fierezza nell'animo per accettare senza rivolta il lavoro degradante dell'operaia e la vita della civiltà, prostituitevi;

Se volete essere la regina delle feste e dei piaceri della civiltà, prostituitevi;

E' la grazia che vi auguro: Amen!

NOTE

(4) Il legato del papa si riferisce a questo versetto dell'Antico Testamento: "Egli [Giosia] demolì le case dei sodomiti che erano nel tempio e nelle quali le donne tessevano tende." ( II, Re, XXIII, 7. ) Nel tempio di Mylitta, le cortigiane di Babilonia avevano simili cappelle dove esercitavano il loro sacro ministero.

(5) I redattori del sermone si sono ispirati al pensiero di Auguste Comte. Il fondatore del positivismo prediceva la formazione di una razza superiore di donne, liberate dalle preoccupazioni della gestazione e del parto. La cortigiana realizza in effetti l'ideale del borghese filosofo.